
Segni comuni per l’ADHD: il disturbo da deficit di attenzione/iperattività
Francesco ha 8 anni fa la terza elementare ed è letteralmente un “terremoto”. In classe è sempre fuori posto, impulsivo, si atteggia a buffone della classe. Se non è impegnato in lotte e litigi coi compagni si barcamena socialmente come buffone della classe; è deriso, evitato e spesso, nonostante il suo comportamento clownesco, mostra disappunto e tristezza.
Francesco sembra apprendere con notevole difficoltà nelle aree verbali, lettura in particolare; ha risultati migliori in matematica, ginnastica, arte e disegno. Il suo comportamento iperattivo e deconcentrato che manifestava da anni è oggi un problema concreto, ai limiti dell’handicap. Il suo comportamento è pressoché ingestibile.
Incontra enormi difficoltà nel completare autonomamente un compito; si dimentica spesso di quanto aveva programmato di fare anche se intendeva farlo. Quando inizia un progetto, gioco o incarico, quasi mai lo porta a termine.
Nonostante Francesco sia appassionato di sport in cui vorrebbe eccellere, ha difficoltà di coordinazione ed è impulsivo e facilmente distraibile, così da essere un giocatore poco desiderabile.
Le insegnanti e i genitori, preoccupati e frustrati dal fallimento delle tradizionali misure già messe in atto (richiamare, sgridare, stimolare il bambino), richiedono un intervento inerente al comportamento, agli apprendimenti e all’umore di Francesco.
Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, o ADHD
È un disturbo neuro-biologico evolutivo dell’autocontrollo. Esso include difficoltà di attenzione e concentrazione, di controllo degli impulsi e del livello di attività. Questi problemi derivano sostanzialmente dall’incapacità del bambino di regolare il proprio comportamento in funzione del trascorrere del tempo, degli obiettivi da raggiungere e delle richieste dell’ambiente.
E’ bene precisare che l’ADHD non è una normale fase di crescita che ogni bambino deve superare, non è nemmeno il risultato di una disciplina educativa inefficace, e tanto meno non è un problema dovuto alla «cattiveria» del bambino.
Leggendo queste poche righe i genitori si renderanno conto che, se da un lato diventa necessario fare qualcosa per gestire il comportamento di questi bambini, è anche vero, d’altro canto, che diventa urgente far capire agli altri adulti quale sia la reale natura del problema dell’iperattività. E’ necessario che tutte le persone, che interagiscono con i bambini con ADHD, sappiano vedere e capire le motivazioni delle manifestazioni comportamentali di questi ragazzini, mettendo da parte le assurde e ingiustificate spiegazioni volte ad accusare e ferire i loro genitori, già tanto preoccupati e stressati per questa situazione.
Innanzitutto è necessario scoprire se il bambino a cui state pensando, abbia veramente un Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD) oppure se sia semplicemente irrequieto e con la testa tra le nuvole. Nessuna persona, che non sia uno specialista (ad esempio, uno psicologo o un neuropsichiatra infantile), si deve sentire autorizzata a decidere se quel bambino presenta o meno un ADHD.
Per quanto riguarda il trattamento, la terapia per l’ADHD deve basarsi su un approccio multi-modale che riesca a combinare interventi psico-educativi, training cognitivo e parent training con la terapia farmacologica nei casi di ADHD da moderato a severo.
Perchè prevedere un intervento multi-modale?
L’importanza di questo intervento è stato oggetto di un importante studio, coordinato dal National Institute of Mental Health (NIMH) degli Stati Uniti, l’MTA, il Multimodal Study of Children with ADHD (http://www.nimh.nih.gov/funding/clinical-research/practical/mta/the-multimodal-treatment-of-attention-deficit-hyperactivity-disorder-study-mta-questions-and-answers.shtml), in cui sono stati seguiti 579 bambini con ADHD, tra i 7 ed i 9.9 anni di età, per un periodo di quattordici mesi e in cui sono stati confrontati, separatamente, l’efficacia di varie forme di trattamento del disturbo:
- trattamento psico-educativo e comportamentale parent training, modificazione del comportamento e training sulle capacità sociali per i bambini, training per gli insegnanti con interventi integrati nell’ambito scolastico;
- trattamento esclusivamente farmacologico;
- trattamento combinato farmacologico e psico-educativo;
- trattamento standard di routine ossia quello che avrebbero eseguito i pazienti sul territorio e che, per due terzi di essi, ha significato un trattamento con psico-stimolanti.
I risultati di questo studio, che aveva lo scopo di fornire dei risultati scientificamente significativi per il raggiungimento di un chiarimento sulla sicurezza e l’efficacia dei vari trattamenti dei bambini con ADHD, ha portato alla conclusione che il trattamento farmacologico, rispetto ai trattamenti psico-educativi e comportamentali, è decisamente superiore nel risolvere i sintomi cardine del disturbo, ma che il trattamento combinato, soprattutto in presenza di disabilità di tipo funzionale (sintomi di oppositività, aggressività, ansia, deficit nelle abilità sociali e di relazione con in genitori) è decisamente più efficace.
Per concludere
A conclusione, è possibile allora affermare che la terapia per l’ADHD deve basarsi su un approccio multi-modale che riesca a combinare interventi psico-educativi con la terapia farmacologica, nei casi di ADHD da moderato a severo. Oltre ad essere multi-modale, le caratteristiche dell’intervento dovranno di rete: tutti e 3 i soggetti coinvolti (genitori, bambino e scuola) dovranno collaborare al meglio per poter fornire al bambino o ragazzo tutti gli strumenti necessari e le occasioni educative per poter fronteggiare le sue difficoltà.
Infatti gli interventi terapeutici dovranno tendere a migliorare le relazioni interpersonali con i genitori, i fratelli, gli insegnanti e i coetanei, diminuire i comportamenti inadeguati, migliorare l’apprendimento scolastico (quantità e qualità delle nozioni, metodo di studio), aumentare il senso di autostima e l’autonomia nei vari ambiti della vita sociale, migliorare la qualità della vita dei bambini e dei ragazzi ADHD, anche attraverso la comprensione e l’accettabilità sociale del disturbo.
Le formiche hanno detto: mettiamoci insieme e riusciremo a trasportare un elefante.
– Proverbio africano

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1 Comment
Quando un disturbo del tono dell’umore complica l’ADHD sarebbe piu auspicabile trattare prima il disturbo dell’umore anche se i genitori dei bambini che hanno ADHD spesso desiderano che sia trattato prima l’ADHD, dato che la risposta al trattamento e piu veloce.
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